Al telegiornale di prima serata delle ore 20, David Pujadas della FranceTV ha recentemente presentato il fenomeno delle rilocalizzazioni delle imprese in Italia (vedi 4’ 19’’ dopo la pubblicità nel video http://www.francetvinfo.fr/italie-le-pays-champion-des-relocalisations_487664.html).
Anno 2012: numero rilocalizzazioni nel mondo |
Nel 2012 l'Italia si é trovata al primo posto in Europa per il numero di rilocalizzazioni, aziende che hanno deciso di aprire in Italia, seguita dalla Germania e dalla Francia; e al secondo posto a livello mondiale, dopo gli Stati Uniti (fonte: Uni-club MoRe back-shoring research group).
Questo fenomeno sembra aver subito un’accelerazione a partire dal 2010, dovuto in gran parte ad un aumento dei costi legati alla produzione in Asia e in Europa dell'Est.
Tra gli esempi citati recenti di questo fenomeno, la FIAMM, Fabbrica Italiana Accumulatori Motocarri Montecchio, nata nel 1942, è oggi fornitore delle principali case automobilistiche del mondo. Diciotto mesi fa la FIAMM decise di chiudere due linee di produzione, in Cina e nella Repubblica Ceca, per aprire un nuovo sito ad Avezzano, creando 360 posti di lavoro. Nel servizio televisivo francese, Stefano Dolcetta, Amministratore Delegato della FIAMM, ha spiegato che questo ritorno in Italia é stato in parte dovuto ad un notevole aumento dei costi di manodopera in Cina .
Condizione per poter tornare in Italia, è stata la condizione accettata dai dipendenti di ridurre il proprio salario orario del 20%.
Un altro esempio di rilocalizzazione é il caso della Bridgestone, azienda giapponese produttrice di pneumatici, fondata nel 1931 da Shojiro Ishibashi. A marzo 2013 la società annunciò di voler chiudere il sito di produzione di Bari a causa del crollo delle vendite dei pneumatici in Europa.
Oltre 950 posti di lavoro erano in pericolo. Dopo 6 mesi di trattative tra la Bridgestone, le Istituzioni Locali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Invitalia e le Organizzazioni Sindacali, si arrivò finalmente ad un accordo che prevedeva la conversione dello stabilimento di pneumatici per autovetture di Bari. Tale piano prevedeva la focalizzazione della produzione esclusivamente verso il segmento dei pneumatici “general use”, incrementando la competitività dello stabilimento e riducendo, nel contempo, il costo di conversione nel suo complesso.
Oltre 950 posti di lavoro erano in pericolo. Dopo 6 mesi di trattative tra la Bridgestone, le Istituzioni Locali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Invitalia e le Organizzazioni Sindacali, si arrivò finalmente ad un accordo che prevedeva la conversione dello stabilimento di pneumatici per autovetture di Bari. Tale piano prevedeva la focalizzazione della produzione esclusivamente verso il segmento dei pneumatici “general use”, incrementando la competitività dello stabilimento e riducendo, nel contempo, il costo di conversione nel suo complesso.
La buona riuscita della trattativa fu possibile soprattutto grazie ai sindacati che ottennero l'accettazione da parte dei dipendenti di una riduzione dell'orario di lavoro del 50% e una riduzione del salario orario del 20%.
Tutto ciò sarebbe stato impensabile solo pochi anni fa. Sembra che un nuovo trend si sia messo in atto e che anche il governo italiano, con la recente approvazione del piano "Destinazione Italia” (vedi http:// destinazioneitalia.gov.it/ ), si stia finalmente muovendo in questo senso per sostenere il rilancio economico, attirando investimenti anche esteri, chiedendo a tutte le parti sociali di rendere più flessibile ed economico il costo del lavoro.
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