La cura del soggetto malato è patrimonio dell’uomo e, salvo eccezioni di cui troviamo riscontro nei libri di
storia, regolarmente praticata in ogni tempo in tutte le comunità. I titolari della cura sono sempre stati i
membri del nucleo familiare o della famiglia allargata che si avvalevano di quanto disponibile in rapporto al
contesto sociale d’appartenenza e alle risorse di cui potevano disporre.
Man mano che la società si è andata strutturando è cresciuta in ogni cittadino la consapevolezza di essere titolare del diritto a ricevere cure adeguate in caso di malattia. Siamo passati quindi dal tempo in cui la cura del malato era solo un fatto di pietà, a quello in cui il malato ha diritto di essere curato in modo da recupe‐ rare il proprio benessere psico‐fisico. Dal tempo in cui i luoghi di cura erano considerati posti dove il “fratello povero” andava a morire, a quello in cui “il cittadino” trova una struttura organizzata per erogare le cure necessarie, ritenute efficaci e affidabili in base ad evidenze scientifiche. Per quanto riguarda l’organizzazione siamo passati da strutture di “misericordia” laiche o religiose a strutture con compiti codificati dalla legge e quindi riconducibili alla sfera della Pubblica Amministrazione. Ogni Stato moderno si è dotato di un Sistema Sanitario per tutelare quel diritto alla salute che così chiaramente è descritto all’articolo trentadue della nostra Costituzione Repubblicana.
Si può ben dire che il grado di efficienza ed efficacia di un Servizio Sanitario sia un buon indice del grado di civiltà raggiunto dal Paese cui appartiene. Tuttavia, oggi, nel terzo millennio, la conquista di civiltà, sancita negli ordinamenti dei vari Stati e promossa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, ancora non è una realtà uniforme e in molti casi è insoddisfacente.
Per quanto riguarda il sistema sanitario italiano, scorrendo i giornali, o ascoltando conferenze si evidenziano tante verità. Si potrebbe allora pensare che ci siano osservatori strabici o troppo disinvolti, tanto da stravolgere i fatti. In realtà siamo di fronte a un sistema complesso che deve esplicare la sua funzione in un tessuto socioeconomico che si è evoluto in modo asimmetrico. In base ai dati riportati da più fonti sappiamo che il nostro servizio sanitario, pur essendo distribuito su tutto il territorio nazionale, presenta un andamento diverso da regione a regione, soprattutto in termini d’efficienza di utilizzo delle risorse. Sappiamo inoltre che il governo centrale e quello regionale hanno grosse difficoltà ad assicurare le risorse necessarie per il funzionamento del sistema così com’è gestito, sebbene il rapporto tra spesa sanita‐ ria e prodotto interno lordo sia inferiore rispetto a quello di altri Paesi a noi vicini. Nonostante ciò, la qualità del nostro sistema sanitario si pone nella parte alta della classifica dei sistemi sanitari europei, sebbene non manchino circostanze in cui le prime pagine dei giornali debbano dare spazio a eventi dolorosi.
Da questi pochi elementi, che riflettono affermazioni di molti osservatori, si ha la percezione che siamo di fronte ad un sistema così complesso che non è consentito giudicarlo senza un’analisi approfondita. E non potrebbe essere altrimenti in un sistema in cui la gran parte del risultato è affidata alle “buone pratiche”
Man mano che la società si è andata strutturando è cresciuta in ogni cittadino la consapevolezza di essere titolare del diritto a ricevere cure adeguate in caso di malattia. Siamo passati quindi dal tempo in cui la cura del malato era solo un fatto di pietà, a quello in cui il malato ha diritto di essere curato in modo da recupe‐ rare il proprio benessere psico‐fisico. Dal tempo in cui i luoghi di cura erano considerati posti dove il “fratello povero” andava a morire, a quello in cui “il cittadino” trova una struttura organizzata per erogare le cure necessarie, ritenute efficaci e affidabili in base ad evidenze scientifiche. Per quanto riguarda l’organizzazione siamo passati da strutture di “misericordia” laiche o religiose a strutture con compiti codificati dalla legge e quindi riconducibili alla sfera della Pubblica Amministrazione. Ogni Stato moderno si è dotato di un Sistema Sanitario per tutelare quel diritto alla salute che così chiaramente è descritto all’articolo trentadue della nostra Costituzione Repubblicana.
Si può ben dire che il grado di efficienza ed efficacia di un Servizio Sanitario sia un buon indice del grado di civiltà raggiunto dal Paese cui appartiene. Tuttavia, oggi, nel terzo millennio, la conquista di civiltà, sancita negli ordinamenti dei vari Stati e promossa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, ancora non è una realtà uniforme e in molti casi è insoddisfacente.
Per quanto riguarda il sistema sanitario italiano, scorrendo i giornali, o ascoltando conferenze si evidenziano tante verità. Si potrebbe allora pensare che ci siano osservatori strabici o troppo disinvolti, tanto da stravolgere i fatti. In realtà siamo di fronte a un sistema complesso che deve esplicare la sua funzione in un tessuto socioeconomico che si è evoluto in modo asimmetrico. In base ai dati riportati da più fonti sappiamo che il nostro servizio sanitario, pur essendo distribuito su tutto il territorio nazionale, presenta un andamento diverso da regione a regione, soprattutto in termini d’efficienza di utilizzo delle risorse. Sappiamo inoltre che il governo centrale e quello regionale hanno grosse difficoltà ad assicurare le risorse necessarie per il funzionamento del sistema così com’è gestito, sebbene il rapporto tra spesa sanita‐ ria e prodotto interno lordo sia inferiore rispetto a quello di altri Paesi a noi vicini. Nonostante ciò, la qualità del nostro sistema sanitario si pone nella parte alta della classifica dei sistemi sanitari europei, sebbene non manchino circostanze in cui le prime pagine dei giornali debbano dare spazio a eventi dolorosi.
Da questi pochi elementi, che riflettono affermazioni di molti osservatori, si ha la percezione che siamo di fronte ad un sistema così complesso che non è consentito giudicarlo senza un’analisi approfondita. E non potrebbe essere altrimenti in un sistema in cui la gran parte del risultato è affidata alle “buone pratiche”
attuate da singoli o da ristretti gruppi di operatori che, pur inseriti in una struttura più ampia, hanno un
comportamento autoreferenziale. Un buon metodo di giudizio dell’efficacia del trattamento sarebbe di
valutarne il risultato non solo da un punto di vista soggettivo del medico o del paziente, bensì sulla scorta
d’evidenze scientifiche. Per fare ciò occorre una crescita culturale della comunità e la volontà dei titolari del
trattamento di porre in discussione il proprio comportamento. Va inoltre considerato che un trattamento
efficace non ha bisogno solo di “buone pratiche” medico‐chirurgiche, ma anche di una grande capacità
d’ascolto dell’intera struttura di cura. Le buone pratiche, infine, non possono essere tali se i professionisti
del sistema non si aggiornano costantemente e non applicano quel codice etico che impone la ricerca della
cura più appropriata con l’impiego di risorse adeguate e sostenibili. A questo punto ci si rende conto che
tutti gli attori del sistema sanitario nazionale hanno un preciso vincolo che impone loro di mettere in atto
comportamenti coerenti con la propria missione, perché titolari di un’attività rivolta alla tutela di un diritto
fondamentale dei cittadini. È evidente quindi che ogni azione che accentui comportamenti egoistici,
sbilanciati verso l’interesse particolare è censurabile e da rifiutare ancorché aderente a qualche maglia
sfilacciata di questa o quella norma. A proposito di norme bisogna diffidare di quelle che risentono
d’impostazioni troppo liberiste o di spinte corporative. In funzione del dettato costituzionale non sono
ammissibili norme che favoriscano processi discriminanti e non è possibile sottomettere il Sistema
Sanitario, che deve tutelare la salute della collettività, a logiche prettamente politico‐economiche perchè lo
minerebbero alle fondamenta.
Nessun commento:
Posta un commento
Saremmo molto felici se lasciaste un vostro commento, grazie!
La redazione si riserva il diritto di rimuovere eventuali commenti offensivi o ripetitivi.