Esiste un codice comportamentale di successo nel lavoro che sia utile all’operaio come all’impiegato e al dirigente?
Il modello classico di riferimento del comportamento corretto include la rettitudine o, meglio, l’etica, quindi il rispetto dei diritti altrui, dell’ambiente e dei principi morali inerenti alla professione, l’educazione ed un sano senso dell’onore attraverso il quale si possa conquistare stima e rispetto degli altri. Tuttavia, senza nulla togliere a questi sani principi, occorre calarsi nella realtà del mondo del lavoro moderno per sviluppare altre qualità utili per essere apprezzati e salvaguardare il proprio ruolo.
Nelle ultime decadi si sono sviluppate organizzazioni con strutture lineari e processi interni sempre più efficienti, dove ciascuno è responsabile di se stesso e degli obbiettivi concordati. I capi hanno la responsabilità primaria di pianificare e raggiungere gli obbiettivi, di prevedere e allocare le risorse, di scegliere i talenti e premiare i successi, piuttosto che svolgere il pedissequo controllo delle modalità e tempi del lavoro dei collaboratori, come si faceva una volta. L’operaio può crescere fino a diventare imprenditore, come insegna il sogno americano realizzato da tanti anche nella vecchia Europa, perché a tutti è riconosciuto un potenziale di sviluppo professionale teoricamente illimitato.
In considerazione di ciò, è cresciuto sempre più il ruolo del lavoratore-professionista, che offre competenze ed esperienza utili a ricoprire in azienda un determinato ruolo con un potenziale di crescita per incarichi sempre di maggiore responsabilità. Il lavoratore-professionista è colui che sa svolgere il proprio ruolo con una notevole autonomia e, nel tempo, è capace di accrescere le proprie competenze, tanto da raggiungere gli obiettivi affidati in ogni incarico di progressiva responsabilità, comportandosi sempre in modo corretto, come sopra descritto.
Potrà questo percorso sviluppare la carriera fino alla dirigenza? Si ma non basta, occorre anche stare attenti agli agguati dei coccodrilli.
Per fare carriera il lavoratore-professionista deve infatti spesso superare test e prove segrete di cui tutti negheranno l’esistenza, di cui nessuno lo metterà preventivamente in guardia o gli chiederà conto successivamente. Tali impreviste trappole dipenderanno dalla dinamica del potere e dalle persone che lo detengono.
Le prove nascoste possono essere create ad arte anche da capi immaturi o impreparati, da colleghi in competizione, da persone invidiose, con pregiudizi, che hanno paura del confronto oppure da coloro che vogliono portare avanti i loro pupilli e vedono una minaccia nel successo di altri. Basta un fungo marcio per rovinare il cestino!
Tante sono le modalità per mettere in cattiva luce una persona brillante. In genere basta che si sviluppino opportunistiche alleanze tra coloro che condividono l'utilità a bloccare la carriera di qualcuno. Ad esempio, basta che questi inizino a sparlare, sommando una molteplicità di situazioni sfavorevoli, alcune create ad hoc, che quel collega, capo o collaboratore inizia ad essere sulla bocca di tutti. Senza saperlo, i suoi comportamenti, i suoi vezzi, tutto ciò che lo contraddistinguono, anche solo le sue caratteristiche fisiche possono diventare oggetto di attenzione al punto da rappresentare l'aspetto principale, lasciando in secondo piano i suoi pregi . L'attacco dei coccodrilli può essere così metaforicamente efficace da fare in modo che non si parli mai dei successi professionali della vittima designata, ma solo delle preoccupazioni o degli scherni che gli sono stati impropriamente attribuiti e diffusi sul suo conto. Queste alleanze sono apparentemente senza importanza, in realtà possono minare la brillantezza del personaggio, la sua capacità di ispirare gli altri, trasformando diversità in avversità, azzerando il potenziale dei talenti scomodi, isolando le persone brillanti attraverso giochi subdoli. Al primo momento di difficoltà, al primo errore, la vittima rischia di cadere, di subire spropositate reazioni da parte dell'organizzazione fino al punto di essere pregato di dare le dimissioni o semplicemente di essere messo da parte, rallentando irreversibilmente la sua carriera. A volte queste alleanze, una volta minata la carriera di qualcuno, si rigirano contro i loro stessi autori, che possono subire battute d’arresto cadendo a loro volta nel mirino dei colleghi-complici.
Creare invidia non è difficile. Chi passa il proprio tempo a fare questa vile attività, che gode nel distruggere la felicità degli altri oppure ha un proprio tornaconto nel farlo, è in genere molto bravo a tirare il sasso e a nascondere la mano. Quante volte è capitato di notare che una confidenza privata si è trasformata in dileggio pubblico, un cinico passa parola sulla cattiva sorte ha isolato colleghi oppure sono diventati oggetto di scherno perché volutamente presi a soggetto di barzellette goliardiche oppure si sono amplificati errori o debolezze alterando in maniera negativa la veridicità di fatti e situazioni accadute, anche semplicemente pubblicandone una foto in una posa infelice o svelando dati esagerati o falsi sul suo conto.
Alcuni fanno carriera pianificando a tavolino chi, come e quando denigrare, riuscendo a isolare e talvolta far licenziare a turno colleghi più brillanti di loro.
I consigli utili in questo campo sono difficili. Ognuno dovrebbe tenere gli occhi ben aperti, comunicare con tutti per capire quello che succede in azienda e sviluppare un proprio network sociale a vari livelli che lo porti ad essere considerato una persona non solo utile dal punto di vista professionale, ma anche piacevole e vicina a chi conta dal punto di vista umano e amicale. Se i coccodrilli potenziali di una organizzazione sono identificati, meglio creare un qualche rapporto con loro, non per assecondarli, ma per sapere chi bolle in pentola. Assicurarsi di tenersi sempre ben lontani dalle loro fauci. Meglio ancora sarebbe identificare un proprio mentore aziendale, una persona di maggiore esperienza e potere decisionale, che sia onesto e perbene, con cui confrontarsi, che lo porti avanti (ma non a scapito degli altri) e sappia offrire un giudizio scevro da condizionamenti in caso di attacco. Non è sempre facile e possibile trovare un mentore in un’azienda, soprattutto se medio-piccola, ma occorre almeno provarci.
Certamente i criteri di selezione dell’organizzazione in cui lavorare da parte del lavoratore-professionista, ambizioso e serio, dovranno includere un’analisi preventiva del tipo di organizzazione e della dirigenza, vista l’esiguità di imprenditori e manager illuminati, che sappiano scegliere e crescere persone di talento con potenziale a cui affidare responsabilità crescenti, calcolando il rischio che ciò comporta. Nelle aziende ben gestite, queste debolezze umane perdono di importanza e il talento dei migliori può svilupparsi nel tempo.
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