martedì 24 giugno 2014

Innovazione: sempre piu’ importante, sempre piu’ difficile

Innovazione e’ un termine usato frequentemente e con connotazioni diverse in vari contesti di business. Il presente articolo tratta l’innovazione in maniera molto pratica definendola semplicemente come l’abilita’ di un’azienda di sviluppare nuovi prodotti che generino un incremento dei profitti nel conto economico.
Aziende di successo come Apple, GE, Procter & Gamble e Toyota, solo per citarne alcune tra le piu’ conosciute, hanno tutte una storia ricca di frequenti lanci di nuovi prodotti. Negli USA i nuovi prodotti di un’azienda generano in media il 30% delle vendite annuali complessive. Se poi invece di soffermarci sui valori medi andiamo a misurare la performance delle migliori aziende sul mercato, i risultati sono ancora piu’ impressionanti: piu’ del 47% delle vendite e addirittura poco meno del 50% dei profitti complessivi su base annua provengono da nuovi prodotti e le migliori aziende innovatrici producono risultati in termini di vendita di circa 2.5 volte superiori alle peggiori.
Questi dati sono sufficienti a giustificare l’enorme importanza che l’innovazione ricopre nelle strategie aziendali. In questo senso non sorprende vedere come l’innovazione viene sempre piu’ indicata dai CEO come il fattore piu’ importante per la crescita e l’incremento dei profitti aziendali.
Se dunque l’innovazione ha un ruolo cosi critico per tutte le aziende, indipendentemente dal settore in cui operano, ci si aspetterebbe un generale miglioramento della “performance innovativa” da parte delle stesse. Non e’ cosi. La “performance innovativa” o per usare un termine piu’ scientifico, la produttivita’ dell’ innovazione, sta infatti peggiorando.
Nella piu’ generale definizione la produttivita’ si ottiene dal rapporto tra output del processo produttivo, ovvero impatto economico dei nuovi prodotti, e input, ovvero investimenti in R&D (Research and Development).
Seguendo questo percorso logico un aumento degli investimenti in R&D a cui non faccia seguito un aumento proporzionale dei profitti derivanti dai nuovi prodotti, porterebbe ad una diminizione della produttivita’.  Dal lato dell’input, uno studio di Booz Allen & Hamilton del 2006 (“Smart Spenders: The Global Innovation”) mostra come negli USA, storicamente una delle patrie dell’innovazione, gli investimenti in R&D sono restati fondamentalmente costanti per decenni attorno a valori di poco inferiori al 5% dei ricavi.
La situazione invece cambia e anche di molto quando si osserva l’evoluzione dell’output. Uno studio dettagliato sulla composizione dei portafogli di prodotto di varie aziende mostra come la percentuale di nuovi prodotti dal 1990 al 2004 sia scesa del 30%. Il peggioramento e’ ancora piu’ marcato se si guardano i prodotti “rivoluzionari” o nuovi non solo per l’azienda produttrice ma in senso assoluto per il mercato; in questo caso il decremento e’ stato del 44%.  La domanda sorge spontanea: come sono stati usati allora gli investimenti in R&D? La risposta e’ fornita dallo stesso studio che evidenzia come nello stesso periodo ci sia stato un incremento di quasi 80% di progetti miranti a modificare e migliorare prodotti esistenti.
Il quadro che emerge e’ quindi piuttosto chiaro. A fronte di un’importanza crescente dell’innovazione la gran parte delle aziende faticano a far diventare l’innovazione un vantaggio competitivo e preferiscono rifugiarsi nel mantenimento e miglioramento dei prodotti esistenti quasi a volerne estendere il ciclo di vita il piu’ a lungo possibile. Innovare e’ difficile, ci sono ostacoli, resistenze e rischi culturali, operativi e commerciali da analizzare e valutare ma decidere di non raccogliere la sfida potrebbe rivelarsi il piu’ grande errore strategico che un’azienda possa fare.

Note:
1. PDMA 2004 Study
2. “How Companies Use Innovation to Improve Profitability and Growth”, Arthur D. Little, Innovation Excellence Study 2005 
3.  “Best Practices in Product Development: What distinguishes Top Performers”, R.G. Cooper, S.J. Edgett, E.J. Kleinschmidt, 2005

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